Più qualità e meno quantità

Più qualità meno quantità

Più qualità e meno quantità

Più qualità e meno quantità non è uno slogan, ma una filosofia di vita, un modo di agire e di pensare. Come la applico nella mia vita quotidiana e nel mio lavoro? Oggi te ne parlo in questo post.

Scelte di qualità

Già la settimana scorsa ti ho parlato di come ricerco i miei materiali, e della selezione in termini etici e di qualità che faccio.
Diciamo che, personalmente, cerco di applicare questi principi non solo alla mia produzione di accessori, ma anche alla mia vita di tutti i giorni.

Per esempio, pur non essendo vegana o vegetariana, mangio pochissima carne, e cerco cibi biologici, comprandoli dai contadini e dai produttori locali (ho un’amica che ha un’azienda agricola, te ne ho mai parlato? Questo è il suo sito web, ed il suo poeticissimo nome è “Canto di Primavera del Sogno Antico”).

Compro anche tanto artigianato, non solo perché per motivi professionali ho conosciuto tanti colleghi nel corso dell’ultimo anno, ma anche perché questo tipo di “shopping” corrisponde perfettamente con il mio modo di essere.

La quantità non mi serve più

Non parliamo della quantità di cibo… sono seguita da una nutrizionista da diversi mesi ormai, ho perso molti chili e ho imparato a mangiare meno e meglio, senza troppe rinunce e concedendomi anche qualche sano strappo alla regola.

Ma più in generale, rispetto al mio comportamento come consumatrice fino a una decina di anni fa, le cose sono molto cambiate.

più qualità e meno quantità
Scegliere l’essenziale

Quando nei dintorni hanno cominciato ad aprire i primi colossi del low cost di abbigliamento, anche io mi sono fatta un po’ trascinare nel vortice dell’acquisto compulsivo. Ho comprato tante magliettine a 3, 4, 5 Euro; jeans super scontati, calzini, vestiti, slip e pigiami.
Nel giro di brevissimo tempo, questa quantità enorme di oggetti non solo non aveva più posto negli armadi, ma si è rivelata anche per lo più inutile. Cose indossate solo un paio di volte, o magari ristrette al primo lavaggio, o ancora passate immediatamente di moda.

Quanto costa, davvero?

Per me è stata illuminante la visione di “The True Cost” un documentario crudo ma fondamentale per capire cosa succede nel mondo della moda.
Quello che a noi sembra un costo ridicolo, quelle famose t-shirt a pochi euro, non hanno, realmente, quel prezzo.

Il costo di questa moda usa e getta la pagano le donne, i bambini, gli uomini costretti a lavorare in condizioni estreme e pericolose. Lo paga l’ambiente, sfruttato all’estremo per produrre fibre e materiali economici. Ma lo paga anche la nostra società tutta, che si rende colpevole di uno scempio sistematico, nascosto dietro le vetrine alla moda e alle pubblicità di modelle sorridenti.

Le vittime del basso costo

Se non hai mai sentito parlare di cosa è successo nel 2013 a Dacca, in Bangladesh, te lo riassumo brevemente.

Alle 8:45 del 24 Aprile un edificio di 8 piani, il Rana Plaza, crolla su se stesso.
Un edificio progettato per ospitare case ed uffici, riempito come un alveare di fabbriche, macchinari pesantissimi, 5000 operai al lavoro, materiali e merci.
Il più grave cedimento strutturale della storia contemporanea che fa qualcosa come 1129 vittime e 2515 feriti.

Il giorno precedente al crollo erano state notate alcune pericolose crepe nella struttura, così quel 24 Aprile le banche ed i negozi del piano terra rimasero chiusi per precauzione.
Ma le fabbriche tessili ai piani superiori no, c’era da lavorare, velocemente, subito, tutti, senza sosta.
I marchi delle grandi aziende occidentali chiedono, pretendono, non possono aspettare. Alcuni dipendenti furono minacciati di vedersi trattenuto un mese di stipendio, se non si fossero presentati al lavoro.

In fin dei conti, più di 1000 cadaveri senza nome cosa sono, se il nome della moda non può essere offuscato?

E allora facciamoli questi nomi, citiamole queste aziende che producono con questi livelli etici inesistenti, col solo obiettivo del business economico.

Dentro al Rana Plaza producevano Benetton, Primark, Inditex (vale a dire Zara, Stradivarius, Bershka e altri ancora), Mango, Camaïeu. Inutile negarlo, tutti prima o dopo abbiamo comprato qualcosa di questi marchi.
Ma hai ancora voglia di acquistare nei loro negozi sapendo che questi oggetti sono sporchi del sangue di migliaia, milioni di lavoratori come quelli del Rana Plaza?

Poco ma buono

Io, ad oggi cerco di comprare il meno possibile nelle catene low cost. Ho sposato senza troppi rimpianti la filosofia “più qualità e meno quantità”. Non sono senza peccato, anzi… ma intanto provo a sfruttare i capi che ancora ho, se hanno retto l’usura del tempo, cercando di comprare meglio.

Scelgo abiti artigianali, quando posso; ma anche di aziende italiane che producono nel rispetto etico ed economico dei lavoratori e dell’ambiente, Compro molto meno.
Ho delle borse che uso da più di 10 anni, e sono ancora perfette; mi vedete molto spesso con indosso gli stessi vestiti, che riciclo e riciclo in più occasioni. Restringo quello che non mi sta più, o magari lo riadatto un po’.

più qualità e meno quantità
Spilli e forbici… per riadattare qualsiasi abito!

Per non parlare del mio shopping “second hand”. Piace anche a me avere una bella borsa di una grande firma, e ogni tanto mi concedo un bel regalo vintage, spendendo molto meno che col nuovo ed innescando un circolo virtuoso di riuso.

Ai mercatini dell’antiquariato e del modernariato si trovano spesso bancarelle di abiti bellissimi di seconda mano. Con un po’ di fortuna e di tempo non è difficile trovare la nostra taglia ed un modello che ci piaccia.

La qualità e lo stile

Ebbene “più qualità e meno quantità” vuol dire anche un stile personale, non replicabile e non uniforme a quanto si vede in giro. Io non sono poi così brava ad abbinare i capi, anche perché mi piace stare comoda… ma con un po’ di attitudine al fashion artigianato e vintage ci permettono di creare del look straordinari.

Ne parlavamo anche poco tempo fa con le amiche di Chiedilo a Saky, un blog vintage col quale ho collaborato per questo post, dove ci immergiamo nei morbidi e soffici ricordi dei maglioni della nonna, di cui ho scritto anche qui.

Più qualità e meno quantità

Torniamo al principio, dunque. Se anche tu inizi a pensare che più qualità e meno quantità sia un buon principio di vita, le tue scelte non possono che orientarsi verso acquisti consapevoli e duraturi.

Non necessariamente nel mio negozio, certo, ma già che ci sei… perché non dai un’occhiata?

Intanto, aspetto le tue opinioni su questo spinoso argomento che scuote le coscienze.

6 commenti

  1. Monica

    Ciao, sono completamente d’accordo con te. Penso che fondamentalmente non riusciremo mai a comprare eticamente al 100% ma piano piano, diventare più consapevoli dei nostri acquisti credo che gioverà a tutti. Anch’io mi ci ritrovo nel movimento compra meno ma compra meglio! Buona giornata!
    P. S. Le tue creazioni mi piacciono molto!!

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    1. MaMaglia

      Etico al 100% è forse impossibile, ma io penso che già provarci, ed acquisire consapevolezza del proprio impatto come consumatori sia molto importante! 😊
      Grazie per i complimenti! 😘

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  2. ingrid Mestrinaro

    Cara Letizia, parole sante! Purtroppo è una realtà di cui non tutti sono a conoscenza, per questo imparare ad acquistare è un atto importantissimo, oggi più che mai.

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    1. MaMaglia

      Ecco brava, imparare ad acquistare è il passo fondamentale! 😊

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  3. Francesca

    Dopo aver letto questo articolo mi dispiace ammettere che purtroppo compro spesso dai marchi che hai citaro..non conoscevo questa tragedia di cui hai parlato ma mentirei se dicessi che non potevo immaginare cosa ci fosse dietro ad una maglietta a tre euro..spero col tempo di poter anche io comprare mrglio e in modo anche più sano, a cominciare dalle tue creazioni, ovviamente, che sai quanto apprezzo!

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    1. MaMaglia

      Purtroppo non si può sapere sempre tutto e anche io, che non ho mai troppi soldi da spendere, mi faccio tentare dagli acquisti low cost… Però intanto lo sappiamo, e se cerchiamo di limitare un centro tipo di consumo è già un traguardo!

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